Oggi, molte donne convivono con una patologia dolorosa cronica della durata di almeno tre mesi senza alcuna causa apparente a carico della vulva e dei tessuti circostanti l’accesso alla vagina, di cui spesso non conoscono il nome, né l’origine: la vulvodinia.
Questa patologia, all’inizio classificata erroneamente come “malattia psicosomatica”, colpisce circa il 15% delle donne con un picco di incidenza tra i 20 ed i 40 anni ed è generalmente sottostimata e non curata per anni, spesso a causa di diagnosi tardive, ed è percepita come difficile da affrontare.
Il sintomo principale della vulvodinia è il dolore, spesso descritto come bruciore, secchezza, gonfiore della vulva, sensazione di scossa e di puntura di spilli che colpisce tutta la zona vulvare o solo parte di essa.
Il dolore può essere talmente forte da interferire con le normali attività quotidiane e addirittura con il sonno, fino a diventare una patologia invalidante.
L’origine di questo dolore è complessa e può derivare da molti fattori che interagiscono tra loro e che causano uno stato infiammatorio prolungato nel tempo quali, ad esempio, infezioni vaginali croniche o recidive oppure lesioni del nervo pudendo dovute al parto o ad un trauma.
Oltre al dolore, gli altri sintomi principali di questa patologia sono un eritema più o meno intenso a carico dell’area vulvare e dolore durante il rapporto sessuale, nello specifico durante la penetrazione.
Tra i sintomi secondari vi sono invece disturbi gastrointestinali e urinari.
I disagi della vulvodinia possono poi essere esacerbati da tutte quelle situazioni che generano pressione sull’area interessata, ad esempio andare in bicicletta.
Ma come si cura la vulvodinia e quali comportamenti è bene seguire per prevenirla?
Il trattamento della vulvodinia è personalizzato in base ai fattori scatenanti, alla gravità ed alla durata dei sintomi e questo protocollo terapeutico mirato consente una completa guarigione nel giro di alcuni mesi.
Da un punto di vista farmacologico, il protocollo terapeutico può prevedere:
- Applicazione sulla regione vulvare di farmaci topici (lidocaina o sodio cromoglicato).
- Analgesici specifici.
- Farmaci sistemici (ad es., antidepressivi triciclici).
Alcune donne traggono giovamento anche dalla psicoterapia per la gestione dello stress e delle reazioni emotive connesse alla gestione di un dolore cronico e dalla terapia sessuologica per ritrovare il piacere di una normale vita sessuale.
Le donne che hanno dei muscoli vaginali particolarmente sviluppati traggono beneficio anche dalla fisioterapia (con l’allenamento del pavimento pelvico) e dalle tecniche di rilassamento dei muscoli, per controllare il dolore provocato dalle loro contrazioni.
In alcuni casi più gravi è necessario il ricorso alla chirurgia per rimuovere le terminazioni nervose proliferate nella zona interessata, intervento purtroppo non risolutivo perché il dolore potrebbe ripresentarsi in seguito alla rigenerazione dei nervi.
Vi è, infine, anche un trattamento sperimentale basato sull’iniezione locale di tossine botuliniche di tipo A che permette di bloccare le terminazioni nervose iperattive ed inibisce le contrazioni muscolari dolorose, con un effetto benefico che dura fino a sei mesi.
Accanto alla terapia farmacologica o chirurgica, vi sono anche delle norme comportamentali da seguire da parte della donna affetta da vulvodinia, volte ad alleviare le manifestazioni dolorose ad essa associate.
Tra queste ricordiamo:
- Mantenere una corretta igiene intima quotidiana e successiva ai rapporti sessuali con saponi non irritanti a pH delicato o neutro.
- Evitare l’applicazione di salviette intime profumate, deodoranti spray e creme depilatorie sulla vulva.
- Limitare l’uso di salvaslip occlusivi o anti-traspiranti, assorbenti intimi e biancheria intima in tessuto sintetico.
- Bere molta acqua e curare l’alimentazione prediligendo cibi poveri di zuccheri e senza lieviti.